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"La malnata" di Beatrice Salvioni è un romanzo che non si legge: lo si respira. A pieni polmoni.

2025-09-09 16:16

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"La malnata" di Beatrice Salvioni è un romanzo che non si legge: lo si respira. A pieni polmoni.

Si ha la sensazione di sentire il fango sotto le scarpe, di aver guardato negli occhi una ragazza che il mondo ha chiamato “Malnata”, ma che forse era solo

AvvertenzaValutazione e recensione sono frutto del mio personale gusto individuale, delle mie preferenze letterarie, così come la valutazione che assegno. E' quindi più che comprensibile, anzi auspicabile, che molti non la pensino come⭐ Sufficiente⭐ ⭐ Più che discreto⭐ ⭐ ⭐ Buono⭐ ⭐ ⭐ ⭐ Ottimo⭐ ⭐ ⭐ ⭐ ⭐ EccellenteLa mia valutazione su questo libro:Ho appena finito l'ultima pagina e ho necessità di buttar giù due righe, di corsa, in affanno quasi. Perché "La malnata" di Beatrice Salvioni è un romanzo che non si legge: lo si respira. A pieni polmoni, anche quando l’aria è densa di fango, di vergogna e odora, anzi puzza di fascismo. È il 1936, siamo a Monza, e il Lambro scorre come un confine liquido tra ciò che è lecito e ciò che è proibito. Tra ciò che si può dire e ciò che si deve tacere. Tra Francesca, la “perbene”, e Maddalena, la “Malnata”.Salvioni, classe 1995, esordisce con un romanzo che ha il passo lungo della maturità e il fiato corto dell’adolescenza. La sua scrittura è precisa, viscerale, capace di evocare il dolore senza mai indulgere nel patetico. Il fascismo è ovunque: nei gesti, nei silenzi, nei padri che impongono, nelle madri che reprimono. Ma non è mai il protagonista. È sfondo, è atmosfera, è veleno che si respira senza accorgersene. Una polvere sottile che intossica, lentamente, ma inesorabilmente. Francesca è figlia di una borghesia che preferisce le figlie beneducate anziché istruite. Maddalena è l’altra, l’altrove, la minaccia. Vive ai margini, gioca con i maschi, ha le gambe graffiate e la lingua affilata. È la strega, la maledetta, la ragazza che porta sventura. che se ti attraversa la strada è come, anzi peggio del gatto nero. Ma è anche la scintilla che accende la coscienza di Francesca. Insieme rubano ciliegie, sfidano le regole, nascondono un cadavere. Insieme scoprono che essere "femmina". Che, in quell’Italia lì, è già una condanna.La Monza fascista di cui Salvioni ci narra non è solo un luogo: è un sistema. Un grande fratello che si insinua nelle famiglie, nelle scuole, nei corpi. La guerra d’Abissinia è sullo sfondo, ma il vero conflitto è interno: è quello tra l’obbedienza e il desiderio, tra la paura e la libertà. Salvioni non fa cronaca, ma la sua ricostruzione è accurata, viva, mai noiosamente didattica. Il romanzo è un affresco di un’Italia che non ha ancora fatto i conti con la sua storia, e che forse non vuole farli.Il cuore del romanzo è l’amicizia tra Francesca e Maddalena. Un’amicizia che è tanto: scoperta, ribellione, salvezza. Non è mai facile, mai lineare, mai concessa. È una sfida fatta di prove, di bugie e di coraggio. È l’unico spazio di libertà in un mondo che punisce chi osa essere diverso. E in questo, "La malnata" è anche un romanzo di formazione, ma senza retorica. La crescita è dolorosa, sporca, irreversibile. La voce di Francesca, narratrice in prima persona, è credibile, stratificata, si evolve, è come un'edera che scala un argine, che s'infila in ogni fessura. Salvioni riesce a farci entrare nella sua testa, navigare a vista nei suoi dubbi, affogare nelle sue paure. La lingua è curata, ma mai artificiosa e sa mettersi a fuoco con ritmo, comunicare tensione, trasferire verità. E c’è anche una certa grazia nel raccontare l’orrore, che è forse la cosa più difficile da fare quando si scrive. Certo, lavoro della Salvioni non pretende di essere perfetto, ma sa di essere necessario. Ha qualche sbavatura, forse qualche passaggio troppo costruito, ma nel complesso è un’opera che lascia il segno. Quando si chiude il libro, si ha la sensazione di aver camminato lungo il Lambro, di aver sentito il fango sotto le scarpe, di aver guardato negli occhi una ragazza che il mondo ha chiamato “Malnata”, ma che forse era solo semplicemente, incredibilmente libera. In un tempo in cui (ma è veramente solo al passato che dobbiamo pensare?)la libertà è (o resta) la più grande delle maledizioni.

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Avvertenza

Valutazione e recensione sono frutto del mio personale gusto individuale, delle mie preferenze letterarie, così come la valutazione che assegno. E' quindi più che comprensibile, anzi auspicabile, che molti non la pensino come
 me. Detto ciò: ogni libro è fatto per essere letto.


⭐ Sufficiente
⭐ ⭐ Più che discreto
⭐ ⭐ ⭐ Buono
⭐ ⭐ ⭐ ⭐ Ottimo
⭐ ⭐ ⭐ ⭐ ⭐ Eccellente

La mia valutazione su questo libro:
Ho appena finito l'ultima pagina e ho necessità di buttar giù due righe, di corsa, in affanno quasi. Perché "La malnata" di Beatrice Salvioni è un romanzo che non si legge: lo si respira. A pieni polmoni, anche quando l’aria è densa di fango, di vergogna e odora, anzi puzza di fascismo. È il 1936, siamo a Monza, e il Lambro scorre come un confine liquido tra ciò che è lecito e ciò che è proibito. Tra ciò che si può dire e ciò che si deve tacere. Tra Francesca, la “perbene”, e Maddalena, la “Malnata”.Salvioni, classe 1995, esordisce con un romanzo che ha il passo lungo della maturità e il fiato corto dell’adolescenza. La sua scrittura è precisa, viscerale, capace di evocare il dolore senza mai indulgere nel patetico. Il fascismo è ovunque: nei gesti, nei silenzi, nei padri che impongono, nelle madri che reprimono. Ma non è mai il protagonista. È sfondo, è atmosfera, è veleno che si respira senza accorgersene. Una polvere sottile che intossica, lentamente, ma inesorabilmente. Francesca è figlia di una borghesia che preferisce le figlie beneducate anziché istruite. Maddalena è l’altra, l’altrove, la minaccia. Vive ai margini, gioca con i maschi, ha le gambe graffiate e la lingua affilata. È la strega, la maledetta, la ragazza che porta sventura. che se ti attraversa la strada è come, anzi peggio del gatto nero. Ma è anche la scintilla che accende la coscienza di Francesca. Insieme rubano ciliegie, sfidano le regole, nascondono un cadavere. Insieme scoprono che essere "femmina". Che, in quell’Italia lì, è già una condanna.La Monza fascista di cui Salvioni ci narra non è solo un luogo: è un sistema. Un grande fratello che si insinua nelle famiglie, nelle scuole, nei corpi. La guerra d’Abissinia è sullo sfondo, ma il vero conflitto è interno: è quello tra l’obbedienza e il desiderio, tra la paura e la libertà. Salvioni non fa cronaca, ma la sua ricostruzione è accurata, viva, mai noiosamente didattica. Il romanzo è un affresco di un’Italia che non ha ancora fatto i conti con la sua storia, e che forse non vuole farli.Il cuore del romanzo è l’amicizia tra Francesca e Maddalena. Un’amicizia che è tanto: scoperta, ribellione, salvezza. Non è mai facile, mai lineare, mai concessa. È una sfida fatta di prove, di bugie e di coraggio. È l’unico spazio di libertà in un mondo che punisce chi osa essere diverso. E in questo, "La malnata" è anche un romanzo di formazione, ma senza retorica. La crescita è dolorosa, sporca, irreversibile. La voce di Francesca, narratrice in prima persona, è credibile, stratificata, si evolve, è come un'edera che scala un argine, che s'infila in ogni fessura. Salvioni riesce a farci entrare nella sua testa, navigare a vista nei suoi dubbi, affogare nelle sue paure. La lingua è curata, ma mai artificiosa e sa mettersi a fuoco con ritmo, comunicare tensione, trasferire verità. E c’è anche una certa grazia nel raccontare l’orrore, che è forse la cosa più difficile da fare quando si scrive. Certo, lavoro della Salvioni non pretende di essere perfetto, ma sa di essere necessario. Ha qualche sbavatura, forse qualche passaggio troppo costruito, ma nel complesso è un’opera che lascia il segno. Quando si chiude il libro, si ha la sensazione di aver camminato lungo il Lambro, di aver sentito il fango sotto le scarpe, di aver guardato negli occhi una ragazza che il mondo ha chiamato “Malnata”, ma che forse era solo semplicemente, incredibilmente libera. In un tempo in cui (ma è veramente solo al passato che dobbiamo pensare?)la libertà è (o resta) la più grande delle maledizioni.

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⭐ Sufficiente⭐ ⭐ Più che discreto⭐ ⭐ ⭐ Buono⭐ ⭐ ⭐ ⭐ Ottimo⭐ ⭐ ⭐ ⭐ ⭐ EccellenteLa mia valutazione su questo libro:

Ho appena finito l'ultima pagina e ho necessità di buttar giù due righe, di corsa, in affanno quasi. Perché "La malnata" di Beatrice Salvioni è un romanzo che non si legge: lo si respira. A pieni polmoni, anche quando l’aria è densa di fango, di vergogna e odora, anzi puzza di fascismo. È il 1936, siamo a Monza, e il Lambro scorre come un confine liquido tra ciò che è lecito e ciò che è proibito. Tra ciò che si può dire e ciò che si deve tacere. Tra Francesca, la “perbene”, e Maddalena, la “Malnata”.

Salvioni, classe 1995, esordisce con un romanzo che ha il passo lungo della maturità e il fiato corto dell’adolescenza. La sua scrittura è precisa, viscerale, capace di evocare il dolore senza mai indulgere nel patetico. Il fascismo è ovunque: nei gesti, nei silenzi, nei padri che impongono, nelle madri che reprimono. Ma non è mai il protagonista. È sfondo, è atmosfera, è veleno che si respira senza accorgersene. Una polvere sottile che intossica, lentamente, ma inesorabilmente. Francesca è figlia di una borghesia che preferisce le figlie beneducate anziché istruite. Maddalena è l’altra, l’altrove, la minaccia. Vive ai margini, gioca con i maschi, ha le gambe graffiate e la lingua affilata. È la strega, la maledetta, la ragazza che porta sventura. che se ti attraversa la strada è come, anzi peggio del gatto nero. Ma è anche la scintilla che accende la coscienza di Francesca. Insieme rubano ciliegie, sfidano le regole, nascondono un cadavere. Insieme scoprono che essere "femmina". Che, in quell’Italia lì, è già una condanna.

La Monza fascista di cui Salvioni ci narra non è solo un luogo: è un sistema. Un grande fratello che si insinua nelle famiglie, nelle scuole, nei corpi. La guerra d’Abissinia è sullo sfondo, ma il vero conflitto è interno: è quello tra l’obbedienza e il desiderio, tra la paura e la libertà. Salvioni non fa cronaca, ma la sua ricostruzione è accurata, viva, mai noiosamente didattica. Il romanzo è un affresco di un’Italia che non ha ancora fatto i conti con la sua storia, e che forse non vuole farli.

Il cuore del romanzo è l’amicizia tra Francesca e Maddalena. Un’amicizia che è tanto: scoperta, ribellione, salvezza. Non è mai facile, mai lineare, mai concessa. È una sfida fatta di prove, di bugie e di coraggio. È l’unico spazio di libertà in un mondo che punisce chi osa essere diverso. E in questo, "La malnata" è anche un romanzo di formazione, ma senza retorica. La crescita è dolorosa, sporca, irreversibile. La voce di Francesca, narratrice in prima persona, è credibile, stratificata, si evolve, è come un'edera che scala un argine, che s'infila in ogni fessura. Salvioni riesce a farci entrare nella sua testa, navigare a vista nei suoi dubbi, affogare nelle sue paure. La lingua è curata, ma mai artificiosa e sa mettersi a fuoco con ritmo, comunicare tensione, trasferire verità. E c’è anche una certa grazia nel raccontare l’orrore, che è forse la cosa più difficile da fare quando si scrive. Certo, lavoro della Salvioni non pretende di essere perfetto, ma sa di essere necessario. Ha qualche sbavatura, forse qualche passaggio troppo costruito, ma nel complesso è un’opera che lascia il segno.

Quando si chiude il libro, si ha la sensazione di aver camminato lungo il Lambro, di aver sentito il fango sotto le scarpe, di aver guardato negli occhi una ragazza che il mondo ha chiamato “Malnata”, ma che forse era solo semplicemente, incredibilmente libera. In un tempo in cui (ma è veramente solo al passato che dobbiamo pensare?)la libertà è (o resta) la più grande delle maledizioni.