Articolo originariamente pubblicato il 16 marzo 2018
Rieditato per questo sito il 14 settembre 2021
Fedele al motto che "le grandi cose si costruiscono pezzo per pezzo", voglio oggi condividere la fine dell'allestimento di altri due album, ai quali stavo lavorando da tempo, di quella collezione nella collezione di cui già avevo avuto modo di parlare in un post dell'aprile del 2016. L'occasione per me di filosofeggiare un poco sul collezionismo, ma anche per un ripassino sulle tecniche con cui rimuovere i francobolli dalle care amate buste, quando, ben inteso, non si tratti di ancor più preziosi testimoni di storia postale che meritano la loro assoluta integrità.
Allora avevo raccontato di come, in uno dei tanti mercatini delle pulci, quelli che radunano rigattieri d'altri tempi nelle piazze assolate delle cittadine di provincia, scorsi alcune cartelle filateliche di un bel colore verde. Fu l'inizio di un itinerario repubblicano parallelo a quello che già da tempo avevo intrapreso. Si trattava di affiancare alla mia collezione di valori nuovi, quella dei medesimi francobolli, questa volta permeati dal fascino di quel vissuto tipico di chi ha viaggiato, assolvendo appieno al ruolo per cui qualcuno li aveva creati.





Era, a quel tempo, l'inizio di un nuovo affascinante percorso espositivo all'interno del mio intero apparato collezionistico. Un nuovo itinerario che ripercorreva, in modo assolutamente parallelo, una strada maestra già tracciata, ma che proprio per questo si prestava ora a piccole soste, gite fuori porta e piccole deviazioni dai sentieri battuti. Inevitabilmente, secondo le più volte espresse teorie sull'accomodamento, tutto ciò ha comportato un'articolata serie di modifiche importanti al mio allestimento filatelico museale, montando e rimontando le mie vetrine virtuali (di questo ho parlato nel post "La metamorfosi: tutto si trasforma"), togliendo reperti da un album ed inserendoli in un altro, creando nuovi e diversificati fuori programma (vedi anche i post: "Presidenti tra i dentelli" e "La ricostruzione post bellica nel mio percorso repubblicano").
I due nuovi "contenitori", di cui vado a completare l'allestimento, riguardano in larga parte i francobolli degli anni Ottanta e Novanta. Sono emissioni relativamente recenti, ma che hanno già le rughe ed il fascino di quella maturità filatelica che sa farsi apprezzare. Lo dico per il vero piacere di riguardarli con attenzione, anche sul più puro aspetto estetico, allontanandoli per un momento dal loro concetto funzionale, quello di aver avuto una vita finalizzata alla razionale affrancatura di una missiva. Una deriva questa, tipica del collezionista ben rimarcata dalle parole di Walter Benjamin, filosofo, scrittore, critico letterario e traduttore tedesco, che ricordava come colui che colleziona ha "un rapporto con gli oggetti che non ne mette in primo piano il valore funzionale, e dunque la loro utilità o fruibilità, ma li studia e li ama in quanto scena, teatro del loro proprio destino. Quel che più profondamente affascina il collezionista è collocare il nuovo acquisto dentro una sfera magica in cui, mentre è percorso dall’ultimo brivido, il brivido del venire acquisito, l’oggetto si immobilizza. Ogni ricordo, pensiero, consapevolezza diventa zoccolo, cornice, piedistallo, cella del nuovo tesoro. Epoca, luogo, bottega, precedente proprietario, tutto questo il vero collezionista lo vede confluire, per ogni pezzo della propria collezione, in una magica enciclopedia la cui intima essenza è il destino di quel suo oggetto".





Eccomi, dunque, alle prese con una montagna di lettere e di frammenti epistolari, alla ricerca dei pezzi mancanti per dare completezza e sostanza al mio percorso dentellato. Una sorta di ritorno alle origini, ai tempi in cui era divertente mettersi a staccare, uno per uno, quei rettangoli colorati per trasformarli da affrancature in francobolli da collezione. Perché, come scrisse Benjamin, "qui sta la visione del fanciullo, che nel collezionista si intreccia con quella del vegliardo. I fanciulli infatti posseggono, quale proteiforme pratica mai abbandonata, la facoltà di rigenerare l’esistenza. In loro, nei fanciulli, il collezionare è soltanto una delle possibili procedure di rigenerazione, un’altra è il colorare gli oggetti, un’altra ancora il ritagliare, un’altra il decalcare e così via lungo tutta la scala delle modalità infantili di appropriazione della realtà, che va dall’afferrare su su fino al nominare. Rigenerare il vecchio mondo, ecco l’istinto più profondo che sta alla base del desiderio del collezionista di acquisire nuovi pezzi". Le origini in tutti i sensi, anche quelle che ci riportano alla genesi della filatelia. Non dobbiamo infatti dimenticare che, in pieno Ottocento, la società europea era ancora sostanzialmente rurale. Non esisteva quel mondo delle immagini a cui oggi siamo assuefatti e che consideriamo come un dato di fatto. Non esisteva la cartolina e nemmeno altre riproduzioni di immagini pensate per avere una circolazione, per soddisfare l'esigenza di allargare i propri orizzonti assolutamente ben demarcati dai confini della propria comunità. I francobolli offrivano in quell'epoca la possibilità, straordinaria ed affascinante, di far viaggiare le persone, di aprire loro una finestra su luoghi, personaggi, avvenimenti e tradizioni sconosciute ai più, in un’epoca in cui viaggiare era consentito a pochi. I primi collezionisti, dunque, raccoglievano esemplari viaggiati e si davano premura di staccare i francobolli dalle buste su cui stavano incollati. Ma abbandoniamo per un attimo il piacere del filosofeggiare e torniamo all’atto pratico. Perché questa è anche l'occasione giusta per fare insieme un ripassino della tecnica della "rimozione" del francobollo. Per i più esperti, la cui memoria è stata assopita dal miraggio della gomma integra a tutti i costi, per i neofiti il cui piacere è ancora acerbo e pregno di sontuose aspettative. Per i francobolli relativi al periodo di cui mi sono occupato per questa mia ramificazione espositiva, la rimozione rientra tra i classici della filatelia, abbastanza semplice, a patto che si rispettino alcuni fondamentali accorgimenti. Tanto vale però riprendere la metodica tra le mani e ricordarne i vari passaggi.





immagine d'epoca tratta da video di Francesco Baroni
Francobolli non adesivi: passo dopo passo
Francobolli non adesivi su carte colorate Appare chiaro che l'operazione su frammenti di buste colorate, le più odiate sono quelle di colore rosso arancio, nel passato utilizzate da enti pubblici e di Governo per la propria corrispondenza, non può essere effettuata insieme agli altri frammenti. Il rischio di tale operazione è quello che il colore, rilasciato dalla carta durante l'immersione, passi a tingere il francobollo. Esistono per questo frangente diverse scuole di pensiero.
Sui più recenti sistemi che prevedono l'impiego del forno a microonde per distaccare i francobolli preferisco non soffermarmi, lasciando al moderno utensile da cucina l'obiettivo di cuocere i cibi.





Francobolli adesivi: avanti tutta L'arrivo dei francobolli adesivi ha procurato ai collezionisti non pochi grattacapi, per lo meno per ciò che riguarda la loro rimozione dalle buste o dai frammenti di corrispondenza. Un problema di non poco conto se si pensa che, a partire dal 2012, i cataloghi quotano il valore dei francobolli italiani usati al pari di quelli nuovi, data proprio la difficoltà di staccarli facilmente senza rovinarli.
Ora il dibattito sui metodi più efficaci si basa su due criticità sostanziali: la non solubilità in acqua dei moderni supporti adesivi e la quasi impossibilità di rimuovere completamente lo strato adesivo dal francobollo, una volta che si è riusciti a staccarlo dalla busta. I numerosi metodi che sono descritti nei forum di collezionisti di tutto il mondo prevede l'impiego di solventi, spray o liquidi che essi siano, per la rimozione. Appurato che tali collanti sono sensibili a soluzioni quali l'acetone (ad esempio i prodotti per rimuovere lo smalto dalle unghie che sono soluzioni diluite di acetone), si è testato sul campo che, impregnando il retro del frammento con tali sostanze, si procura il distacco del francobollo, facendo però ben attenzione a non decolorare lo stesso usando il solvente sulla superfice stampata. Sono molteplici i solventi citati, ma il loro comune denominatore è una certa tossicità, sia per contatto con l'epidermide che per inalazione.
Quello che oggi voglio proporvi è un metodo alternativo che ho trovato efficace nell'80% dei casi in cui sono intervenuto. Il punto di caduta è riferibile a quei supporti cartacei (cartoncino o buste plastificate) ove il retro del frammento non consenta alcuna o scarsa permeabilità del prodotto di rimozione, medesima fallacità ascrivibile anche per i comuni solventi. Il vantaggio sta nella ridotta tossicità di tale metodo che impiega il normale gel disinfettante per le mani, quello ormai comunemente di uso pubblico negli ospedali, nei supermercati, nelle scuole, la cui base alcolica è sì presente, ma alquanto modesta. Io ho utilizzato per i primi esperimenti un prodotto comune (il Sanity Fresh&Clean), per poi passare ad un analogo prodotto privo di profumazione. Il costo è relativamente contenuto.





Francobolli adesivi: sette passaggi
Con l'augurio che questo improvvisato ripasso sia apprezzato anche dai più colti di me, concludo ricordando che, come per i precedenti album, a loro volta riorganizzati rispetto all'assetto originale ed arricchiti di nuovi valori mancanti, ho provveduto alla digitalizzazione e li ho resi fruibili online attraverso questo blog, secondo la mia personale idea che ogni nostra collezione può trasformarsi in un uno straordinario percorso didattico e visuale da condividere.
Bibliografia essenziale




