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La morte non esiste. Con Stéphane Allix l'orizzonte dell'immortalità espande la coscienza

2025-10-22 07:49

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La morte non esiste. Con Stéphane Allix l'orizzonte dell'immortalità espande la coscienza

Ci sono libri che si leggono per sapere e libri che si leggono per cercare una via di uscita. "La morte non esiste" di Stéphane Allix appartiene a questa secon

AvvertenzaValutazione e recensione sono frutto del mio personale gusto individuale, delle mie preferenze letterarie, così come la valutazione che assegno. E' quindi più che comprensibile, anzi auspicabile, che molti non la pensino come⭐ Sufficiente⭐ ⭐ Più che discreto⭐ ⭐ ⭐ Buono⭐ ⭐ ⭐ ⭐ Ottimo⭐ ⭐ ⭐ ⭐ ⭐ EccellenteLa mia valutazione su questo libro: Chiariamoci sin dall'inizio: la paura della morte è un male comune. Probabilmente è l'unica pandemia non eradicabile dalla faccia della terra. Ed è anche naturale pensare che affrontare un libro con un titolo così impegnativo classifica le persone. In primis in base all'età: alla fine della nostra corporea esistenza si pensa in modo direttamente proporzionale alla propria età o, sarebbe meglio dirlo, in modo inversamente proporzionale a quanto ci rimane. In seconda istanza c'è anche l'insiemistica: chi crede e chi no. Sembra scontato ma l'approccio alla lettura dei due insiemi di persone può offrire scenari e prospettive assai diverse. Premessa fatta!Ci sono libri che si leggono per sapere e libri che si leggono per cercare una via di uscita. "La morte non esiste" di Stéphane Allix appartiene a questa seconda categoria. È un saggio, sì. Ma anche una confessione, una lettera alla figlia, una ricerca che dura da quindici anni e che nasce da un lutto: la morte del fratello in Afghanistan. Da quel momento, Allix, ex reporter di guerra, fondatore dell’INREES, non cerca più solo notizie. Cerca un senso e lo fa anche da giornalista, da reporter, tanto che questo libro è prima di tutto un viaggio. Un viaggio che attraversa le neuroscienze, le esperienze di premorte, le percezioni extrasensoriali, gli stati di coma vigile. Ma anche lo sciamanesimo, la meditazione profonda, l’ayahuasca, la psilocibina. I capitoli sono itinerari, il che aiuta il lettore a non perdere la bussola, a mantenere dritta la barra del timone su una rotta in cui i flutti dell'incredulità incrociano spesso le correnti della razionalità scientifica.Allix però, e questo ci piace, non si accontenta di leggere: sperimenta. Si mette in gioco. Toglie la giacca del giornalista e indossa le vesti del cercatore instancabile. Cita studi rigorosi, come quelli del cardiologo Pim van Lommel pubblicati su The Lancet, che ipotizzano una coscienza attiva anche in assenza di attività cerebrale. Riporta testimonianze di pazienti che, durante un arresto cardiaco, descrivono esperienze extracorporee verificabili. E si chiede: è possibile che la coscienza non sia localizzata nel cervello? Che esista una “coscienza fondamentale non locale”, come suggerisce la fisica quantistica?Una domanda che non è solo scientifica, ma ontologica: la coscienza è un prodotto del cervello o è qualcosa che lo trascende? La scienza classica ci ha abituati a pensare alla coscienza come a un fenomeno locale: un’attività neuronale, un circuito biochimico, un processo interno e circoscritto. Ma Allix, dopo quindici anni di indagini, stati alterati di coscienza e immersioni sciamaniche, propone un’ipotesi radicale: la coscienza potrebbe essere non locale, distribuita, connessa. Una sorta di coscienza “in cloud”, per usare una metafora contemporanea. Questa coscienza non risiede nel cervello, ma lo attraversa. Non è generata, ma ospitata. Come se il cervello fosse un terminale, un dispositivo che riceve e trasmette, ma non crea. La fisica quantistica irrompe nel saggio di Allix come un ospite inatteso e destabilizzante: non più semplice cornice teorica, ma chiave di volta. L’ipotesi di una coscienza non locale, mutuata da modelli quantistici, suggerisce che la mente non sia confinata nel cervello, ma parte di un campo più ampio, "universale".Questa visione non è solo mistica. È anche profondamente etica. Perché se la coscienza è “in cloud”, allora è interconnessa. Non più individuale, ma collettiva. Non più chiusa, ma permeabile. E allora la morte non è fine, ma è transizione. Non è perdita, ma passaggio. Non è silenzio, ma mutamento di frequenza. Siccome tra scienza e spiritualità si allunga un ponte altrettanto fragile, quanto necessario, Allix non impone questa visione in una sorta di radicalismo mistico. Semplicemente la propone. La racconta. E in questo racconto, inevitabilmente, il saggio si fa spirituale. Dove la spiritualità non è fede, ma esperienza, spazio di possibilità. E la scienza non è dogma, ma domanda. E forse, per tornare alla premessa, pure speranza. Ma sarebbe più corretto dire terapia.La pressione saggistica è ben moderata da un tono intimo, quasi diaristico, che a tratti però manda giù di giri il motore. Allix scrive per sua figlia, ma anche per sé. Per chi ha perso, per chi ha paura, per chi non riesce a dire addio. Il saggio diventa uno spazio di elaborazione, di confronto, di possibilità. Non offre certezze, ma ipotesi alternative. Dopo l'ultima pagina ci si rende conto che l'autore, le cui perdite lo hanno portato a sporgersi nel buio, non ha trovato risposte definitive, ma ha certamente imparato a convivere con le domande. Che in fondo, ammettiamolo, fede o non fede, sono quelle che da un certo punto della vita ci accompagnano costantemente. Anzi, ci ha insegnato che si puù convivere con l’assenza di risposte e forse a farne una forma di saggezza. La cosa bella di "La morte non esiste" è che non spiega la morte, ma ci invita con decisione a ripensare la vita. E forse, in questo, ci è più utile di qualsiasi manuale di neuroscienze.

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Avvertenza

Valutazione e recensione sono frutto del mio personale gusto individuale, delle mie preferenze letterarie, così come la valutazione che assegno. E' quindi più che comprensibile, anzi auspicabile, che molti non la pensino come
 me. Detto ciò: ogni libro è fatto per essere letto.


⭐ Sufficiente
⭐ ⭐ Più che discreto
⭐ ⭐ ⭐ Buono
⭐ ⭐ ⭐ ⭐ Ottimo
⭐ ⭐ ⭐ ⭐ ⭐ Eccellente

La mia valutazione su questo libro:
Chiariamoci sin dall'inizio: la paura della morte è un male comune. Probabilmente è l'unica pandemia non eradicabile dalla faccia della terra. Ed è anche naturale pensare che affrontare un libro con un titolo così impegnativo classifica le persone. In primis in base all'età: alla fine della nostra corporea esistenza si pensa in modo direttamente proporzionale alla propria età o, sarebbe meglio dirlo, in modo inversamente proporzionale a quanto ci rimane. In seconda istanza c'è anche l'insiemistica: chi crede e chi no. Sembra scontato ma l'approccio alla lettura dei due insiemi di persone può offrire scenari e prospettive assai diverse. Premessa fatta!Ci sono libri che si leggono per sapere e libri che si leggono per cercare una via di uscita. "La morte non esiste" di Stéphane Allix appartiene a questa seconda categoria. È un saggio, sì. Ma anche una confessione, una lettera alla figlia, una ricerca che dura da quindici anni e che nasce da un lutto: la morte del fratello in Afghanistan. Da quel momento, Allix, ex reporter di guerra, fondatore dell’INREES, non cerca più solo notizie. Cerca un senso e lo fa anche da giornalista, da reporter, tanto che questo libro è prima di tutto un viaggio. Un viaggio che attraversa le neuroscienze, le esperienze di premorte, le percezioni extrasensoriali, gli stati di coma vigile. Ma anche lo sciamanesimo, la meditazione profonda, l’ayahuasca, la psilocibina. I capitoli sono itinerari, il che aiuta il lettore a non perdere la bussola, a mantenere dritta la barra del timone su una rotta in cui i flutti dell'incredulità incrociano spesso le correnti della razionalità scientifica.Allix però, e questo ci piace, non si accontenta di leggere: sperimenta. Si mette in gioco. Toglie la giacca del giornalista e indossa le vesti del cercatore instancabile. Cita studi rigorosi, come quelli del cardiologo Pim van Lommel pubblicati su The Lancet, che ipotizzano una coscienza attiva anche in assenza di attività cerebrale. Riporta testimonianze di pazienti che, durante un arresto cardiaco, descrivono esperienze extracorporee verificabili. E si chiede: è possibile che la coscienza non sia localizzata nel cervello? Che esista una “coscienza fondamentale non locale”, come suggerisce la fisica quantistica?Una domanda che non è solo scientifica, ma ontologica: la coscienza è un prodotto del cervello o è qualcosa che lo trascende? La scienza classica ci ha abituati a pensare alla coscienza come a un fenomeno locale: un’attività neuronale, un circuito biochimico, un processo interno e circoscritto. Ma Allix, dopo quindici anni di indagini, stati alterati di coscienza e immersioni sciamaniche, propone un’ipotesi radicale: la coscienza potrebbe essere non locale, distribuita, connessa. Una sorta di coscienza “in cloud”, per usare una metafora contemporanea. Questa coscienza non risiede nel cervello, ma lo attraversa. Non è generata, ma ospitata. Come se il cervello fosse un terminale, un dispositivo che riceve e trasmette, ma non crea. La fisica quantistica irrompe nel saggio di Allix come un ospite inatteso e destabilizzante: non più semplice cornice teorica, ma chiave di volta. L’ipotesi di una coscienza non locale, mutuata da modelli quantistici, suggerisce che la mente non sia confinata nel cervello, ma parte di un campo più ampio, "universale".Questa visione non è solo mistica. È anche profondamente etica. Perché se la coscienza è “in cloud”, allora è interconnessa. Non più individuale, ma collettiva. Non più chiusa, ma permeabile. E allora la morte non è fine, ma è transizione. Non è perdita, ma passaggio. Non è silenzio, ma mutamento di frequenza. Siccome tra scienza e spiritualità si allunga un ponte altrettanto fragile, quanto necessario, Allix non impone questa visione in una sorta di radicalismo mistico. Semplicemente la propone. La racconta. E in questo racconto, inevitabilmente, il saggio si fa spirituale. Dove la spiritualità non è fede, ma esperienza, spazio di possibilità. E la scienza non è dogma, ma domanda. E forse, per tornare alla premessa, pure speranza. Ma sarebbe più corretto dire terapia.La pressione saggistica è ben moderata da un tono intimo, quasi diaristico, che a tratti però manda giù di giri il motore. Allix scrive per sua figlia, ma anche per sé. Per chi ha perso, per chi ha paura, per chi non riesce a dire addio. Il saggio diventa uno spazio di elaborazione, di confronto, di possibilità. Non offre certezze, ma ipotesi alternative. Dopo l'ultima pagina ci si rende conto che l'autore, le cui perdite lo hanno portato a sporgersi nel buio, non ha trovato risposte definitive, ma ha certamente imparato a convivere con le domande. Che in fondo, ammettiamolo, fede o non fede, sono quelle che da un certo punto della vita ci accompagnano costantemente. Anzi, ci ha insegnato che si puù convivere con l’assenza di risposte e forse a farne una forma di saggezza. La cosa bella di "La morte non esiste" è che non spiega la morte, ma ci invita con decisione a ripensare la vita. E forse, in questo, ci è più utile di qualsiasi manuale di neuroscienze.

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⭐ Sufficiente⭐ ⭐ Più che discreto⭐ ⭐ ⭐ Buono⭐ ⭐ ⭐ ⭐ Ottimo⭐ ⭐ ⭐ ⭐ ⭐ EccellenteLa mia valutazione su questo libro:


Chiariamoci sin dall'inizio: la paura della morte è un male comune. Probabilmente è l'unica pandemia non eradicabile dalla faccia della terra. Ed è anche naturale pensare che affrontare un libro con un titolo così impegnativo classifica le persone. In primis in base all'età: alla fine della nostra corporea esistenza si pensa in modo direttamente proporzionale alla propria età o, sarebbe meglio dirlo, in modo inversamente proporzionale a quanto ci rimane. In seconda istanza c'è anche l'insiemistica: chi crede e chi no. Sembra scontato ma l'approccio alla lettura dei due insiemi di persone può offrire scenari e prospettive assai diverse. Premessa fatta!

Ci sono libri che si leggono per sapere e libri che si leggono per cercare una via di uscita. "La morte non esiste" di Stéphane Allix appartiene a questa seconda categoria. È un saggio, sì. Ma anche una confessione, una lettera alla figlia, una ricerca che dura da quindici anni e che nasce da un lutto: la morte del fratello in Afghanistan. Da quel momento, Allix, ex reporter di guerra, fondatore dell’INREES, non cerca più solo notizie. Cerca un senso e lo fa anche da giornalista, da reporter, tanto che questo libro è prima di tutto un viaggio. Un viaggio che attraversa le neuroscienze, le esperienze di premorte, le percezioni extrasensoriali, gli stati di coma vigile. Ma anche lo sciamanesimo, la meditazione profonda, l’ayahuasca, la psilocibina. I capitoli sono itinerari, il che aiuta il lettore a non perdere la bussola, a mantenere dritta la barra del timone su una rotta in cui i flutti dell'incredulità incrociano spesso le correnti della razionalità scientifica.

Allix però, e questo ci piace, non si accontenta di leggere: sperimenta. Si mette in gioco. Toglie la giacca del giornalista e indossa le vesti del cercatore instancabile. Cita studi rigorosi, come quelli del cardiologo Pim van Lommel pubblicati su The Lancet, che ipotizzano una coscienza attiva anche in assenza di attività cerebrale. Riporta testimonianze di pazienti che, durante un arresto cardiaco, descrivono esperienze extracorporee verificabili. E si chiede: è possibile che la coscienza non sia localizzata nel cervello? Che esista una “coscienza fondamentale non locale”, come suggerisce la fisica quantistica?

Una domanda che non è solo scientifica, ma ontologica: la coscienza è un prodotto del cervello o è qualcosa che lo trascende? La scienza classica ci ha abituati a pensare alla coscienza come a un fenomeno locale: un’attività neuronale, un circuito biochimico, un processo interno e circoscritto. Ma Allix, dopo quindici anni di indagini, stati alterati di coscienza e immersioni sciamaniche, propone un’ipotesi radicale: la coscienza potrebbe essere non locale, distribuita, connessa. Una sorta di coscienza “in cloud”, per usare una metafora contemporanea. Questa coscienza non risiede nel cervello, ma lo attraversa. Non è generata, ma ospitata. Come se il cervello fosse un terminale, un dispositivo che riceve e trasmette, ma non crea. La fisica quantistica irrompe nel saggio di Allix come un ospite inatteso e destabilizzante: non più semplice cornice teorica, ma chiave di volta. L’ipotesi di una coscienza non locale, mutuata da modelli quantistici, suggerisce che la mente non sia confinata nel cervello, ma parte di un campo più ampio, "universale".

Questa visione non è solo mistica. È anche profondamente etica. Perché se la coscienza è “in cloud”, allora è interconnessa. Non più individuale, ma collettiva. Non più chiusa, ma permeabile. E allora la morte non è fine, ma è transizione. Non è perdita, ma passaggio. Non è silenzio, ma mutamento di frequenza. Siccome tra scienza e spiritualità si allunga un ponte altrettanto fragile, quanto necessario, Allix non impone questa visione in una sorta di radicalismo mistico. Semplicemente la propone. La racconta. E in questo racconto, inevitabilmente, il saggio si fa spirituale. Dove la spiritualità non è fede, ma esperienza, spazio di possibilità. E la scienza non è dogma, ma domanda. E forse, per tornare alla premessa, pure speranza. Ma sarebbe più corretto dire terapia.

La pressione saggistica è ben moderata da un tono intimo, quasi diaristico, che a tratti però manda giù di giri il motore. Allix scrive per sua figlia, ma anche per sé. Per chi ha perso, per chi ha paura, per chi non riesce a dire addio. Il saggio diventa uno spazio di elaborazione, di confronto, di possibilità. Non offre certezze, ma ipotesi alternative. Dopo l'ultima pagina ci si rende conto che l'autore, le cui perdite lo hanno portato a sporgersi nel buio, non ha trovato risposte definitive, ma ha certamente imparato a convivere con le domande. Che in fondo, ammettiamolo, fede o non fede, sono quelle che da un certo punto della vita ci accompagnano costantemente. Anzi, ci ha insegnato che si puù convivere con l’assenza di risposte e forse a farne una forma di saggezza. La cosa bella di "La morte non esiste" è che non spiega la morte, ma ci invita con decisione a ripensare la vita. E forse, in questo, ci è più utile di qualsiasi manuale di neuroscienze.